L'ignota alleata

Chiunque faccia le marmellate in casa sa che esiste in commercio, facilmente recuperabile al super, la pectina (perdonate non scrivo il nome commerciale).

Questo additivo (siglato E440) permette di accorciare il tempo di cottura, di avere una consistenza più gelatinosa e anche di diminuire la quantità di zucchero.
Non è fantastico?

Ma è davvero così?
E cosa è, davvero, la pectina? E come viene prodotta? È naturale? Non è meglio una marmellata “senza additivi”?
(spoiler: sì, è un addensante fenomenale, naturale e privo di controindicazioni!)

Come sempre, però,facciamo un passo indietro e distinguiamo ciò che è destinato ad un uso casalingo da quello che viene invece utilizzato dai “professionisti” (come anche da chi opera a livello industriale o semi-industriale).

L’uso domestico

Con Pectina, chi lavora le proprie marmellate domestiche, intende quella polverina dal nome evocativo con un rapporto scritto poco dopo, 3:1, 2:1 o ancora 1:1 e la promettente scritta che si riduce tempo di cottura e quantità di zucchero necessari.

Eh sì, per fare la confettura di cipolle la pectina è davvero indispensabile…

Si tratta di un addensante ottenuto dalla buccia della frutta (da cui il nome evocativo); di fatto è un carboidrato che però noi non siamo in grado di digerire, per cui è classificabile come “fibra” alimentare, il che ne va a incrementare ancora le qualità (Bisogna mangiare molte fibre per il benessere del nostro hem, intestino).

Ma come funziona?

Come ogni addensante ha la funzione di catturare molecole di acqua e trattenerle formando un gel (infatti la si chiama più propriamente gelificante) e questo è possibile quando c’è una condizione ambientale precisa.

Con “condizione ambientale” non intendo pioggia, sole, foreste o alta montagna, ma l’ambiente in cui la pectina si trova, cioè il mix di frutta che voglio trasformare in marmellata; queste condizioni sono la quantità di zucchero e l’acidità del composto.

Deve esserci un buon grado zuccherino perché la pectina riesca a formare una maglia che trattiene bene l’acqua, e serve un determinato PH perché il processo si attivi (infatti, se leggete negli ingredienti del noto prodotto troverete sia acido ascorbico sia acido citrico).

Il rapporto (3:1, 2:1 o 1:1) sta ad indicare la quantità necessaria di zucchero rispetto la frutta: 3:1 significa che, data una certa quantità di frutta, peserò un terzo del peso in zucchero; 1:1 invece avrò tanto zucchero quanta frutta.

Nella bustina poi ci sono altri ingredienti (zuccheri) che in questa sede non ci interessano.

Le mele, nella buccia, sono tra i frutti più ricchi di pectina.

Sicuramente è già in vostra conoscenza che con alcuni frutti non serve aggiungere pectina (mele, fichi, agrumi…) perché ne sono già naturalmente ricchi, e che non è una grande idea aggiungere una mela alla marmellata, sia perché non potete sapere esattamente quanta pectina state andando ad aggiungere sia perché irrimediabilmente andate a cambiare il sapore della marmellata.
Se state facendo esperimenti e se la vostra marmellata è già un mix di sapori, nulla di male: ma vi prego, non regalatemela poi!

Cosa è, davvero?

Spingiamoci ora un poco oltre alle conoscenze “casalinghe” ed entriamo appena più in profondità nel mondo tecnico delle pectine.

In natura tutti i vegetali contengono “sostanze peptiche” (carboidrati complessi) che vanno a costituire assieme ad altre molecole importanti, come la cellulosa, la struttura portante delle piante.

Si trova in grande quantità in alcuni tessuti vegetali, in particolare nella buccia di alcuni frutti: mele e agrumi sono i più utilizzati per l’estrazione da parte nostra della molecola pura.

Questa estrazione avviene tramite acqua calda nella quale è disciolto un acido; sia la temperatura che il grado del PH sono costantemente monitorati.

La qualità della pectina estratta è dovuta soprattutto alla accuratezza con cui questo processo di estrazione avviene.
Si passa poi alle fasi di purificazione e di eliminazione del liquido di estrazione (acido incluso).

Evito di parlarne: non sono decisamente competente nei dettagli biochimici successivi.
Si parla di strutture molecolari, gruppi metossilici e de-esterificazoini; ecco visto che perfino a me passa la voglia di continuare a leggere, ma lo faccio perché sono masochista, figuriamoci se posso pretenderlo da voi.
Se vi interessa particolarmente posso indicarvi delle fonti, autorevoli, in cui approfondire in modo più degno del mio blog, ma per ora, torniamo nella divulgazione “leggera”.

In funzione di come viene purificata (eccetera) si ottengono diversi tipi di pectina.

Ogni tipologia di pectina reagisce ad una data concentrazione zuccherina e a determinato PH acido, in genere attorno al PH=3 o poco sopra, ma generalmente vengono raggruppate in due grandi famiglie: HM e LM.

M sta per “Metossile” (appunto, approfondite solo se di biochimica qualcosa già masticate), mentre H e L sta per High e Low (alto e basso, in inglese).

alcuni gruppi metossili…
  • Le HM sono irreversibili (una volta gelificate, riportando la miscela a temperatura alta non si ritorna ad un liquido ma resta gel) e sono piuttosto rapide, necessitano di zucchero e ambiente acido. Sì esatto, sono quelle che compriamo al super.
  • Le LM invece sono reversibili (riscaldate si possono ri-utilizzare) e funzionano bene anche con quantità di zucchero ridotto. In genere sono “amidate”, cioè contengono una piccola parte di amidi e si ottengono prodotti molto più cremosi, adatti soprattutto alla cottura al forno (per una crostata insomma, sarebbe meglio usare marmellate fatte con questa pectina, a trovarla!).

Se vi piace fare i piccoli chimici (eddai, ammettetelo!) e avete un termometro alimentare e un rifrattometro, quando fate la marmellata con la pectina potete essere ragionevolmente certi di avere un ottimo risultato se raggiungete i 105°C e i 75°Brix.

(io ovviamente li uso!)

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