Il cioccolato è una droga!!!1!!Ti provoca dipendenza!!!
Mio cugggino non può più farne a meno!1!!

Avete certamente un amico/parente che ve lo ha detto, almeno una volta nella vostra vita.
Ma… Sarà vero?

Ecco, sì e no. Non perdiamo la calma e proviamo a guardare i fatti.
Con poche (ma esistenti!) eccezioni, il cioccolato piace a tutti.

Prima specificazione: quale è il cioccolato che darebbe più dipendenza?

Volendo generalizzare, possiamo analizzare il gradimento sulle principali “tipologie” di cioccolato: fondente, al latte e bianco.
Considerando tutte le fasce di età, risulta che quello più apprezzato sia quello al latte;
questo nonostante negli ultimi anni sia cresciuto l’amore verso i fondenti, vuoi perché si sta raffinando il gusto, vuoi per motivi pseudo-salutistici.

Sta di fatto che il cliente più affezionato è sempre il bambino (più o meno cresciuto), che nel cioccolato cerca la dolcezza e quel retrogusto caramellato che regala un morso di cioccolato al latte.

Seconda specificazione: come è percepita questa “dipendenza” dal consumatore?
La domanda più ricorrente è:

È vero che nel cioccolato ci sono sostanze psicoattive e che non si può smettere di assumere il cioccolato per questo motivo?

Le risposte sono due:
SI: il cioccolato contiene sostanze “psicoattive”
NO: non è per questo che non riusciamo a farne a meno (sempre che ci piaccia)

È invece per il “no” che sto scrivendo questa nota.
Ricordiamo di cosa è fatto il cioccolato:

  • cioccolato fondente: cacao, zucchero (eventualmente burro di cacao e lectina)
  • cioccolato al latte: cacao, zucchero, latte disidratato (eventualmente burro di cacao e lectina)
  • cioccolato bianco: burro di cacao, zucchero, latte disidratato

Sulle sostanze contenute nel cioccolato ho preparato una nota dedicata, cercando di non cadere nei soliti luoghi comuni ma guardando solo a indagini e analisi realmente scientifiche.

Non ho messo gli ingredienti in ordine di percentuale presente nel prodotto, per evidenziare una cosa: il cacao, se il cioccolato desse dipendenza per la sua composizione chimica e la presenza quindi di sostanze psicoattive, dovrebbe essere la sostanza che desideriamo di più. Come a una persona che, purtroppo, ha sviluppato una dipendenza a una droga, se gliela presenti “tagliata”, cioè non pura, non ne sarà contenta, così, se fosse il cacao in sé a darci quel “qualcosa” che ci fa stare meglio, non sarebbero gli altri ingredienti (zucchero, lecitina, latte etc) ad interessarci.

Detto questo, ecco un esperimento (uno dei tanti) che è stato fatto negli USA:

Sono stati presi dei volontari, tutti concordi nel dire che senza cioccolato non potevano vivere.
Ad un terzo dei volontari si è dato il cioccolato al latte, a un terzo quello fondente all’ultimo terzo una capsula insapore contenente estratto di cacao.
Sono stati lasciati liberi di mangiarne ogni volta che ne sentissero il bisogno.
Bene, è risultato che quelli che non riuscivano proprio a non mangiarlo fossero quelli del cioccolato al latte, al secondo posto quelli del cioccolato fondente mentre quelli delle capsule non sentivano affatto il bisogno di prenderne delle altre (e secondo me erano pure piuttosto tristi perché a loro era toccata questo ruolo nell’esperimento).

Quindi, escludendo che siano state le sostanze psicoattive proprie del cacao, cosa altro può dare via al “chocoholism” (come viene chiamata questa assuefazione nei paesi anglofoni)?
È un dato di fatto che il cioccolato è per alcune persone causa di perdita di raziocinio (non si riesce a smettere di mangiarlo), oggetto di “food carving”, ovvero desiderio compulsivo di averlo, e di abuso nonostante si sia perfettamente consapevoli che in grandi quantità non sia salutare.

Ma perché?

Per questi tre motivi

“Fisico” e gustativo

Il sapore congiunto tra dolcezza e aromi del cacao e del latte, poi la dolcezza intrinseca del cioccolato, la sua scioglievolezza, il calore e la persistenza del sapore, l’effetto “snap” cioè la croccantezza al morso del cioccolato.

Biochimico

Non tanto il cacao, ma il grasso in congiunzione con i carboidrati (zuccheri) (e sì, parlo anche dello zuicchero di canna o del metafisico zucchero di fiore della palma, sempre carboidrati sono) assunti dal nostro organismo sono causa del rilasciarsi di ormoni che danno sensazioni estremamente piacevoli. Tanto da causare, questo sì, una dipendenza da essi. Questo non riguarda solo il cioccolato, anche se viene spesso usato come alimento di riferimento negli studi.

Psicologico

Anche i disordini alimentari giocano un ruolo, purtroppo, importante nella “food addiction” e nello specifico nella dipendenza da cioccolato. Le persone particolarmente sovrappeso sono soggette a tutte le manifestazioni sopra descritte. È soprattutto per loro che negli USA, in cui il problema è maggiormente sentito, si svolgono molti studi.

Appurato quindi che il cioccolato in sé non crea dipendenza ma lo fa il “modo” in cui decidiamo di consumarlo, come comportarci?

Lo depenniamo dalla nostra dieta, per sicurezza?
Mangiamo solo degli amarissimi cioccolati 99%?
Ma no, gustiamoci il nostro cioccolato, in piena serenità ma facendo attenzione che questa non sia un’azione compulsiva e della quale non siamo completamente consapevoli e promotori.

Un ottimo modo per essere consapevoli è acquistare cioccolata (sia tavolette che cioccolatini, o uova di Pasqua, o qualsiasi altra forma assuma il cioccolato) da chi sa valorizzarne le caratteristiche: avrete modo di ricordare nel futuro esattamente il sapore unico di quel momento di dolcezza, ne gusterete una quantità limitata e, probabilmente, avrete anche un artigiano che saprà raccontarvi qualcosa di più su quel cioccolato, facendolo uscire dall’anonimato di una confezione asettica e industriale che, purtroppo, è spesso la scelta più gettonata.


Se siete interessati a leggere studi veramente scientifici a questo riguardo, cioè non quelli pubblicati da riviste e giornali non specialistici, consiglio di accedere al portale di ricerca: https://scholar.google.it/ e inserire lì l’oggetto specifico della ricerca.
Un altro modo è andare direttamente sui portali delle università in cui spesso questi studi sono svolti, ad esempio
Harvard (per dirne una).

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