Per un progetto che abbiamo in cantiere una mia amica e io (in effetti, lei è la mente, io l’umile braccio) sono venuta in contatto con la descrizione di una ricetta per una bevanda di cui al celebre regina, Maria Antonietta appunto, era molto golosa. Da questo, è nata la seguente nota, che spero vi diverta e intrattenga, buona lettura!

Ovviamente, dato che sono io a parlarvene, stiamo parlando di cioccolata.

Una minuscola parentesi per presentare il personaggio, dal punto di vista delle preferenze alimentari, è necessario per capire meglio cosa poteva significare per questa incompresa regina il conforto della cioccolata calda.

Un ritratto della Regina Maria Antonietta

Maria Antonietta (e tutti i nomi che seguono) d’Asburgo, era figlia della altrettanto celebre imperatrice d’Austria Maria Teresa, che fu una buona imperatrice e una severissima regina-madre.

Nessuno dei suoi figli infatti sfuggiva a una “sana” dieta (sana davvero, se confrontata con quella in voga nelle altre corti europee contemporanee) che prevedeva pesce, carni magre, verdure, frutta e pochi dolci.
Di questo abbiamo fonti più che certe, nei carteggi tra l’imperatrice stessa e le sue governanti, nelle ricette dell’archiatra di corte (ovvero Van Swieten, sì lo stesso che si adoperò in una strenua lotta al vampirismo), ed ancora nei diari delle dame di corte.

Lo stile di vita frugale imposto dalla madre, seguì Maria Antonietta anche nella sfarzosa Versailles, e se alcune abitudini (come la morigeratezza nel vestiario e il non spendere per oggetti frivoli) le perse col passare del tempo, la sua dieta semplice e salutare la accompagnò tutta la vita.

La sua Dama di compagnia Madame Campan (una delle tante, ma questa in particolare aveva molto a cuore la Regina) fu autrice de “Le memorie di Madame Campan”, giunte fino a noi. Sono chiaramente molto di parte, a tratti ricamate e probabilmente (palesemente) fantasiose.
Tuttavia, è verosimile la descrizione delle preferenze alimentari della nostra Maria Antonietta.

L’introvabile edizione italiana delle memorie di M.me Campan

A paragone con le abitudini coeve, la regina mangiava davvero poco, preferendo carni bollite e pesce e mantenendosi praticamente astemia. Faceva largo uso di latte allungato con acqua e di latte vegetale (d’orzo), e di molta frutta e verdura, coltivata nel suo “Petit Trianon” (che se non conoscete, vi invito a visitare, anche se solo virtualmente).
Si concedeva due unici lussi (si parla ovviamente dal punto di vista dell’alimentazione!), ovvero il caffè al mattino e le sue tazze di cioccolata, una la mattina, una durante le abluzioni e una la sera, durante gli spettacoli teatrali o le serate di gala, accompagnati dai suoi amatissimi croissant.

Anche per questo è grottesco che le si facciano dire, per tradizione, le parole “Il popolo non ha pane? Mangino i croissant”. A parte che è falso, e fin qui, ma è anche incoerente con il personaggio di Maria Antonietta, che, almeno per quanto riguarda il cibo, aveva costumi molto morigerati e consapevoli.

Finita l’introduzione necessaria all’inquadramento del personaggio, inquadriamo il secondo protagonista, cioè il cioccolato.

“La bella cioccolataia”, opera di Jean-Etienne Liotard del 1744

Ai tempi (stiamo parlando del periodo che precede la Rivoluzione Francese, quindi nel corso del ‘700) il cacao proveniva esclusivamente via nave dalle Indie Occidentali, ovvero l’America). Non era certo una novità, infatti era più di un secolo che se ne faceva uso non solo nelle grandi corti (ad esempio, in Austria era già il nonno di Maria Antonietta a farne largo uso) ma anche nei café aperti nelle grandi città: Oxford, Torino, Trieste, Napoli, Venezia…

Esistevano, poi, molte ricette “regali”, e ogni testa coronata aveva la sua preferita.
Ad esempio, Francesco Redi, cuoco e cioccolatiere della corte di Cosimo III de’ Medici, ci riferisce che solito aromatizzare la cioccolata con scorze fresche di cedro e limone, fiori di gelsomino, cannella, vaniglia, ambra grigia e muschio.
Entrambe queste ultime sono essenze di origine animale, provate a indovinarne l’origine: è il nucleo di questa nota e troverete la risposta alla fine della chiacchierata).
L’aroma di gelsomino (ma anche quello di altri fiori, come ad esempio la rosa) si otteneva disponendo i fiori fra strati di cacao all’interno di scatole ermetiche per diversi giorni, cambiando di tanto in tanto i fiori.

Ecco il testo originale del Redi:

Il cioccolatte è una mistura o confezione fatta di vari ingredienti, tra i quali tengono il maggior luogo il cacao abbronzato e il zucchero. Così fatta confezione messa nell’acqua bollente con l’aggiunta di nuovo zucchero serve di bevanda a’ popoli americani della Nuova Spagna. E di là trasportatene l’uso in Europa, è diventato comunissimo, e particolarmente nelle corti de’ Principi e nelle case de’ Nobili, credendosi che possa fortificare lo stomaco e che abbia mille altre virtù profittevoli alla sanità. La corte di Spagna fu la prima in Europa a ricever tal uso. È veramente in Ispania vi si manipola il cioccolatte di tutta perfezione; ma alla perfezione spagnola è stato a’ nostri tempi nella corte di Toscana aggiunto un non so che di più squisita gentilezza, per le novità degli ingredienti europei, essendosi trovato il modo di introdurvi le scorze fresche de’ cedrati e de’ limoncelli e l’odore gentilissimo del gelsomino, che mescolato colla cannella, colle vainiglie, coll’ambra e col muschio, fa un sentire stupendo a coloro che del cioccolatte si dilettano

Venendo finalmente a noi: Maria Antonietta, si dice, non viaggiava mai senza il suo cioccolatiere al seguito, il quale deteneva numerose ricette personali per preparare la cioccolata in tazza che deliziava Sua Maestà: all’orchidea, all’arancia e alla mandorla dolce, ma su tutte veniva sparso un ingrediente “segreto”: l’ambra grigia, appunto.
Pare comunque che la regina preferisse sui tutte quella, molto semplice ed essenziale, alla vaniglia.

Per finire, vi delizio con la “ricetta” originale della cioccolata secondo Luigi XV:

Mettete tante tavolette di cioccolata quante tazze d’acqua in una caffettiera e fate loro prendere qualche bollore; quando siete pronti a servirle, aggiungetevi un rosso d’uovo ogni quattro tazze e mescolate con un cucchiaio di legno sempre a fuoco dolce senza portare ad ebollizione. E’ meglio prepararla il giorno prima che venga consumata, coloro che ne bevono tutti i giorni sono soliti lasciare del lievito per quella che prepareranno il giorno seguente. E’ possibile utilizzare del bianco montato a neve al posto del rosso d’uovo, che stempererete in un poco di cioccolata prima di aggiungerlo alla cioccolatiera e terminare la cottura come col tuorlo.”

Luigi XV

No, non mene sono dimenticata!
Cosa sono dunque l’ambra grigia e il muschio?

Sono entrambe fragranze che certamente conosciamo tutti, ma non in ambito culinario quanto piuttosto in quello dei profumi.

Il muschio, meglio noto come “muschio bianco” è ciò che secernono apposite ghiandole perineali di alcuni cervidi, attive soprattutto nel periodo degli accoppiamenti.

L’ambra grigia invece è un sottoprodotto della digestione di alcuni capodogli. Per proteggersi le mucose interne dalle parti indigeste e acuminate di alcuni crostacei, questi mammiferi li “avvolgono” in una sostanza di origine biliare. Questa poi solidifica e viene espulsa regolarmente con le feci, talvolta dalla bocca. Resta sulla superficie del mare fino a spiaggiarsi e lì continua la maturazione che porta gli aromi, decisamente poco invitanti, a diventare invece piacevoli.

Non preoccupatevi però, per fortuna la chimica ci sa regalare queste molecole senza più ottenerle da queste fonti “infelici”.
In entrambi i casi, comunque, non dobbiamo schifarci (o forse sì…?) perché a “piacerci” sono i composti feromonici. Siamo fatti apposta per farci piacere questi aromi, che ci rimandano a sensazioni di pulito, di fresco e ci tranquillizzano. Siamo pur sempre animali anche noi!

VOMITO DI BALENA!

Rispondi