Io, i canditi, li ho sempre tolti dal panettone.

Bene, dopo questo outing, possiamo tutti stringerci le mani perché lo so: non sono la sola, ammettilo.
Se non tu, tuo fratello lo faceva, o la tua amica. O tuo figlio.
E non puoi dar loro torto!

Perché allora ci si ostina a infilare quelle armi che attentano al nostro palato natalizio nei soffici panettoni?

Semplice, la tradizione li prescrive perché… sono buonissimi!

No, non sono impazzita, ascoltate: se invece di acquistare i panettoni di note marche (o di sottomarche) vi concedeste il grandissimo piacere, e il lusso, lo so, di prenderli dove sapete che i canditi li producono i pasticceri stessi, scoprireste che non avete mai, prima di allora, assaggiato un vero candito.

Il vero candito ha in sé tutto il colore e l’intensità aromatica del frutto da cui parte, ma magnificato dalla saturazione zuccherina. In pratica, le nostre papille gustative impazziscono di piacere e, se chiudiamo gli occhi, possiamo “vedere” dentro di noi i caldi luoghi dove quei frutti sono cresciuti.

Se vi accontentate, dopo questo, di riprovare ad assaggiarli senza pregiudizi (però prendeteli buoni, sennò siamo punto a capo), può bastare.
Se invece volete saperne di più… Andiamo!

Cosa sono i canditi

Torniamo sempre al solito argomento: l’ingegno umano che si traduce in soluzioni geniali per superare un problema.
Che problema? Conservare frutta (e verdura).
Risolto come? Sostituendo ciò che concorre alla marcescenza della frutta, cioè l’acqua, con una soluzione supersatura di zucchero, in modo da non lasciare spazio ai batteri e lieviti di lavorare.

Bonus: chi ha inventato questo metodo non aveva sicuramente idea della presenza dei microorganismi responsabili del deperimento, né di come questi operassero, né tanto meno che la struttura molecolare dello zucchero “lega” le molecole d’acqua rendendole non bio-disponibili.
Ebbene sì, questo è l’ennesimo esempio di “l’esperienza spesso eguaglia la competenza scientifica e teorica”, anche se chiaramente comporta un processo molto più lungo e “a tentativi”.

Il mio rifrattometro. Lo strumento semplice e geniale per vedere la concentrazione zuccherina di uno sciroppo

Ora che alla Tradizione abbiamo unito la conoscenza teorica che sta alla base della canditura, abbiamo sviluppato molti apparecchi che ci semplificano la vita, ad esempio quello che vedete in foto è il mio rifrattometro, che impiego per calcolare esattamente la concentrazione di zucchero degli sciroppi che produco per i più svariati usi, tra i quali anche quelli per candire; inoltre agiamo sapendo quello che stiamo facendo e non dobbiamo più fidarci all’autorevolezza del ricettario di Nonna.

Non vi ho ancora risposto, lo so; cosa è davvero un candito?
Il candito è un pezzo di frutta (o, insisto, di verdura!) nel quale la struttura cellulare resta pressoché immutata, trattenendo quindi componenti aromatici, cromatici e strutturali, ma nel quale si è sostituita l’acqua con sciroppo super-saturo di zucchero.
Spero ricordiate dalle noiosissime lezioni di scienze al scuola sul fatto che gli organismi viventi sono composti in buona parte da acqua.

Ad esempio, noi siamo quasi per tre quarti fatti di acqua, quindi per candirci servirebbe sostituire tre quarti del nostro peso corporeo con sciroppo di zucchero.
Non credo che avremmo un buon sapore comunque, e stavolta credo proprio che non proverò l’esperimento.

Nel caso dei vegetali la quantità di acqua è anche superiore, quindi eccovi spiegato perché i canditi sono dolci fino alla nausea; ci credo, sono quasi esclusivamente zucchero…

Il processo di sostituzione dell’acqua con lo sciroppo non può però avvenire in tempi rapidi, a meno di perdere buona parte degli aromi (eccovi spiegato il perché quelli più commerciali sono meno buoni, vale per tutti il triangolo della qualità!), questo perché intervengono altre tecnologie, come aumento di pressione, fratturazione più rapida delle pareti cellulari con, purtroppo, perdita di composti aromatici che vengono scissi, insomma, tutto ha un prezzo, come sappiamo.

Esiste poi la “mezza canditura” che è più rapida ma non è a tutti gli effetti una canditura, in quanto non tutta l’acqua viene sostituita. La ricetta è bene o male quella proposta ovunque sul web, quindi non la riporto anche qui.
Va benissimo per le lavorazioni che non richiedono una durata lunga; se per esempio li mantengo nel loro sciroppo di canditura e li regalo per Natale alla vecchia prozia e so che lei se li sbaferà nel giro di un mese, ottimo.
Per altri usi, come ad esempio le scorzette con cioccolato, lì è non solo importante che il candito sia “davvero davvero” candito, ma -personalmente- gli darei anche un colpo in essiccatore, in modo che se anche fosse rimasto un residuo di acqua libera, questa se ne vada.

Info noiosa: l’acqua libera nel gergo culinario si intende quella parte dell’alimento costituita da acqua bio-disponibile, cioè quella in cui i batteri, patogeni in particolare, possono prosperare e costituire quindi un grande problema per la salubrità dell’alimento.

Scorzetta con cioccolato… yum.

E ora, se può interessarvi, ho preparato una piccola guida con fotografie passo passo su come io, nel mio piccolo, produco i canditi.
Non è difficile, è solo lungo e necessita di spazi “tranquilli”.

Ricettina di Nonna-Chimica

Ma magari avessi avuto una nonna chimica. Ho però avuto la fortuna di ereditare il ricettario della nonna materna di mio marito, e tra i fitti appunti c’era anche quello per candire.
Inutile dire che lo ho confrontato e integrato con altri ricettari e con le nozioni di chimica che ho accumulato negli ultimi anni, il tutto corredato da esperimenti pratici (alcuni ovviamente fallimentari). Per cui sono piuttosto orgogliosa di questa procedura.
Non voglio chiamarla ricetta, perché è riduttivo, visto che è un processo che dura circa una settimana!

Avrete bisogno di:

  • Arance dalla buccia edibile
  • Zucchero, e intendo SACCAROSIO puro
  • Acqua

E come materiali:

  • Pentola capiente che regga temperature alte
    (e quale pentola non le regge? Giusta osservazione, Watson)
  • Altra pentola del materiale che vi pare
  • Cucchiaione del materiale che vi pare
  • Quello che io chiamo “spumarola”.
    Come si chiamerò in italiano? Ah, è anche italiano.
  • Bacinella capiente
  • Termometro da alimenti (opzionale)
  • Rifrattometro (opzionale ma fortemente consigliato)
  • Taaaaaanto tempo, taaaaanta pazienza e spazio in cucina.

Ecco il procedimento, passo passo

Con 8 arance grandi, di quelle con la buccia grossa, non da spremuta, e ovviamente biologiche, ho ottenuto 1kg di scorze candite.
1 kg di scorze candite visualizzatelo come un sacchettino da freezer bello pieno. Così vi fate un’idea.
Procedere alla canditura di una quantità inferiore a questa è, secondo me, un po’ assurdo in termini di rapporto tempo-resa.
Poi, ognuno fa quello che vuole col proprio tempo!

Si tagliano quindi le arance, talgiando il “culetto” dove c’è il picciolo e poi facendo incisioni verso il lato opposto. Io la divido già in otto parti, la buccia è così più facile da togliere senza romperla. So che c’è chi la taglia in quarti, ma se condividete la mia scarsissima destrezza vi consiglio di fare già strisce sottili in questa fase.
Anche più di otto parti, sentiamoci liberi di fare quello che ci pare, una buona volta!

Ora le devo assolutamente far cuocere un poco.
Avrò messo a bollire una pentola di acqua. Butto le scorze giusto qualche minuto nell’acqua che già bolle.

A cosa serve? Serve a rompere, parzialmente, le membrane cellulari in modo che il passaggio dello zucchero sia agevolato. So che c’è anche chi ottiene il medesimo risultato congelando. Va benissimo anche quel metodo (che io adotto con altra frutta più delicata, ad esempio le albicocche).

Nel caso delle scorze di arancia, preferisco bollire perchè aiuta anche la fase successiva: l’ammollo.
Per almeno 24 ore si lasciano in ammollo in una bacinella di acqua fredda, cambiando l’acqua anche tre volte se si può.
Questo per eliminare l’amaro proprio degli olii essenziali della buccia. Sì, si perde un poco di aroma, ma è davvero necessario.

Ammollo delle scorze. Il profumo che si sparge per la casa è splendido!

Passato questo giorno, scolo le arance e le peso.
Ed è arrivato il momento di preparare lo scirioppo:

Il calcolo di quanto sciroppo di zucchero servirà è facile:

1kg (di buccia di) arancia = 2kg acqua (di rubinetto)

A questa acqua aggiungerò la medesima quantità di zucchero (quindi, in questo esempio 2kg di zucchero).

Lo ho già detto ma lo ripeto: saccarosio puro, non qualsiasi altra cosa che si chiama zucchero. No zucchero di canna grezzo, no zucchero di cocco, no sciroppo di agave. Serve saccarosio puro e in cristalli. Punto.

ESEMPIO:

Ho 400g di bucce? Allora farò 800g di acqua e 800g di saccarosio.

Sciroppo!

Preparo lo sciroppo in una pentola abbastanza capiente da contenere sia lo sciroppo che tutte le bucce, poi.

Scaldo ben bene la miscela e lo sciroppo sarà pronto quando sarà limpido (tutto il saccarosio sarà disciolto).

A questo punto, con lo sciroppo ancora bello caldo inserisco con delicatezza le bucce.
Bisogna avere cura che siano tutte immerse nel denso liquido, questo è molto importante. Per questo io mi aiuto con una rete, ognuno si ingegna con quello che ha a disposizione! (la pentola che io uso è una “affumicatrice”, che trovo ottima anche per questo lavoro!

La rete è importante per essere sicuri che le scorze restino completamente immerse nello sciroppo.

Così vanno lasciate per 24 ore.

Il giorno dopo quindi le scolo e le metto da parte in una bacinella.

Le scolo delicatamente con la spumarola e le metto nella bacinella.

Nella pentola, allo sciroppo già presente, aggiungo 1/10 dello zucchero iniziale.

Ne avevo messo 800? Ne aggiungerò 80.
Ne avevo messo 1600? Allora ne aggiungerò 160.

Scaldo bene lo sciroppo e di tanto in tanto mescolo per aiutare lo zucchero a sciogliersi.

Si aggiunge lo zucchero pesato allo sciroppo che scaldo ben bene nel mentre.

Quando sarà sciolto, a sciroppo ancora caldo, ma a fiamma spenta, ri-aggiungo le bucce con molta delicatezza, perchè cominciano ad essere particolarmente fragili.
Rimetto la rete e lascio nuovamente per 24 ore.

Dopo qualche giorno che si ripete la procedura è bene controllare il grado zuccherino. Io lo faccio ogni giorno, ma perché amo annotare giorno per giorno l’aumentare dei gradi Brix.

Ah non vi ho spiegato cosa sono: piccolo approfondimento non indispensabile ma molto NERD.
Nell’immagine vedete l’interno di un rifrattometro, quello che vedreste cioè guardando come se fosse un cannocchiale.
Vedete che c’è scritto “20°C”, questo perché la misurazione è valida se il liquido è a quella temperatura.
Brix invece è il nome che viene dato alla scala di concentrazione zuccherina inventato dallo scienziato Adolf Ferdinand Wenceslaus Brix, qui per approfondire, se vi piace la storia della scienza.
Questa misurazione la avevo fatta ancora in un momento iniziale della canditura, leggiamo infatti il valore 47, direi. O 48. Facciamo 47,5 così siamo tutti più felici.
Noi, misurando quotidianamente, rileveremo che ogni giorno aumenterà di circa 5°Bx.
Non bisogna farla aumentare troppo velocemente altrimenti rischiamo di andare a disturbare il processo, formando cristalli di zucchero (che proprio non desideriamo!).

Un controllino al mio sciroppino. Ok la smetto.

Dopo due o tre giorni che stiamo ripetendo il procedimento sopra descritto, è bene verificare a che punto siamo.

Controllando quindi la temperatura dello sciroppo, che deve essere a 20°C come dicevamo, mettiamo un poco di sciroppo sul vetrino del rifrattometro e annotiamo a quanto siamo.
Mi fermerò quando sarà arrivato a circa 70°Bx (le ultime ero riuscita a portarle a 75!).

Per quanto mi riguarda, come già ho detto, preferisco essiccare, per conservare, piuttosto che mettere nello sciroppo e pastorizzare il vasetto.
Il motivo è puramente pratico: le scorze io le ricopro di cioccolato e questa operazione è facilitata da un prodotto ben asciutto. Anche se le dovessi mettere in sacchettini preferirei averle secche. Mentre, se il loro uso fosse inserirle in dolci da forno come crostate sicuramente le conserverei nel loro sciroppo. Sta tutto all’uso che ne faremo, il modo in cui decidiamo di conservarle.

Scorze finalmente pronte!

Spero di esservi stata utile; è un piacere condividere le ricette, specie se sono un patrimonio gastronomico come lo sono i canditi.

Ed ora provate, se avete il coraggio, dopo tutta la fatica che avete fatto a farli, a toglierli dal panettone. Dai!

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