Le origini di una parola

In Guatemala, la terra di origine dei Maya, nel villaggio di Rio Azul, una giara di argilla ben conservata, di età anteriore al 500d.C., contenente residui di cacaoi e scoperta nel 1984, presenta alcuni pittogrammi maya che insieme compongono la parola “Ka-ka-w(a)”. Questa è la più antica iscrizione conosciuta della radice della parola “cacao”.

Il primo pittogramma, “ka”, rappresenta un pettine o una piuma; il secondo, di identica pronuncia, rappresenta invece una pinna di pesce. Il terzo invece “w” è soltanto un simbolo, della “wa” con cui finivano molte parole.

Ma ci credete che questa giara ha un tappo a vite?!

Questa giara del tardo V secolo, scoperta in una ricca tomba maya di etaà classica, colma di accessori per la cioccolata, ha un manico simile a una staffa e un coperchio con chiusura a vite.
La sua superficie di stucco è dipinta vivacemente come la pelle di un giaguaro e presenta una mezza dozzina di geroglifici, inclusi i due che descrivono il cacao.

Quando questa giara fu affidata ai laboratori della Hershey Company of Pennsylvania, sulla superficie interna del coperchio vennero identificate tracce di teobromina.
Questi sono i resti di questa sostanza più antichi mai rinvenuti prima.

Il passaggio da KaKaW a Xocolatl (da cui cioccolata) non ha una connessione etimologica certa.
Xocolatl appare per la prima volta (documentata) intorno al 1650 nel Nuovo Mondo.
La parola precolombiana per cioccolata, precedentemente, era stata infatti Cacahuatl, che univa la parola Maya “Kakawa” alla parola azteca “Atl” (che significa acqua), mentre Xocolatl non appare che successivamente.

Entrando ancora più nel dettaglio linguistico, entrambe le parole sono di origine descrittiva, si riferiscono alla forma della fava (cacao) e alla preparazione della bevanda (cioccolato).
Come per le altre lingue che si esprimono in pittogrammi, bisogna entrare nell’ottica di chi questi pittogrammi li utilizzava, per cui non ci stupiscano alcune connessioni che ci appaiono assai bislacche, viste con i nostri occhi moderni.
Dunque: per cacao portiamo la forma ca-Kawa-tl (oggetto simile ad un uovo), la riduplicazione Kawa (uovo) del proto-yutoasteca “kan” (fragile o duro) e infine “pa” (ghianda, baccello).
Per cioccolato, portiamo la forma simbolica diuna “bevanda montata” dato che nella sua preparazione vengono utilizzati frullatori (mulini).

Metate.

Un’ultima chicca per stupire con la vostra erudizione gli amici: i metodi di preparazione della Cacahuatl erano sostanzialmente gli stessi, per le popolazioni che si susseguirono nel Mesoamerica.
Si mescolavano l’acqua con il cacao ridotto a una massa utilizzando uno strumento detto “metate” e lo si aromatizzava con la vaniglia o con i fiori (seccati e pestati) di hueinacaztli, una pianta aromatica il cui nome botanico è Cymbopetalum penduliflorum e il cui gusto ricorda quello del pepe nero.
Era d’uso l’aggiunta di un agente schiumogeno naturale ottenuto da una pianta rampicante (chiamata “suqir”; purtroppo non riesco ad approfondire oltre) o di un colorante, come l’Achote (Bixa orellana).
Tuttavia una sostanziale differenza sta nella temperatura alla quale veniva servita: calda per i Maya, fredda per gli Aztechi.

Fonti:
“Tè, caffè, cioccolata. I mondi della caffeina tra storie e culture”, Bennet A. Weinberg, Bonnie K. Bealer
“Popol Vuh: The Sacred book of the Maya», Nova York, O books A. J. Christenson, (2003), consultabile anche on line qui
” On the Derivation and Reading of the ‘Ben-Ich’ Prefix. In Mesoamerican Writing Systems”, Ed Elisabeth P. Benson, pp. 99-143

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