Oggi vi racconto di una trovata a dir poco geniale, quella che ha portato alla crezione di un “nuovo tipo” di cioccolato, il cioccolato al latte.

A idearlo fu un artigiano del Cantone di Vaud, in Svizzera, tale Daniel Peter, la cui vita è l’emblema del “saper arrangiarsi sfruttando il proprio ingegno”.
Strano che non ne abbiano ancora fatto un film, in effeti.
Nella sua lunga vita, iniziata nel 1836, fu insegnante di latino, impiegato di un grossista, rilevò poi un’attività da una benestante vedova che lo aveva in simpatia: si trattava di una fabbrica di candele. Purtroppo l’epoca era sbagliata: chi più cercava candele, ora che l’illuminazione iniziava ovunque ad essere a gas? Così lasciò la sua quota di azienda al fratello, che era il suo socio in affari, e decise di buttarsi in un altro ambito, in quel momento in piena crescita: il cioccolato.
E lì rimase fino alla fine.

Non fu difficile del resto come scelta: il suocero (nel frattempo aveva trovato il tempo di sposarsi nel 1863 con Fanny Cailler) era niente meno che François-Louis Cailler, un grande nome nel panorama dei cioccolatai ottocenteschi, infatti anche a lui viene attribuita l’invenzione della tavoletta solida (come anche a Fry e ad altri, a seconda della nazionalità che si vuole esaltare).
Anche Cailler, come Fry, aveva avuto l’intuizione di meccanizzare il processo di produzione della massa di cacao, la base del cioccolato.
Dopo un po’ di gavetta ed aver imparato il mestiere dal suocero, Daniel Peter decise di mettersi in proprio, lo face a Vevey nel 1867 (aveva 31 anni).
Purtroppo non era facile farsi largo nell’economia scoppiettante dell’epoca, dove c’erano già parecchi produttori di cioccolato già affermati (tra i quali il suocero) e così, ancora una volta, dovette ingegnarsi e reinventare un prodotto nuovo.

Come per il cioccolato gianduia, lo scopo era minimizzare il costo di produzione e averne un guadagno più interessante.
Ma come fare? Se il cacao costava davvero troppo bisognava pensare di mescolarlo con qualcosa più a buon mercato.
E di cosa c’era abbondanza nelle montagne svizzere? Esatto, di latte.

Siccome unire un liquido ad una massa a base grassa non è una grande idea, almeno non se si vuole un prodotto dalla lunga durata, i primi esperimenti del nostro artigiano non diedero esiti soddisfacenti.
Le cose si mettevano male ma, come spesso succede, la svolta avvenne quando Peter incrociò un altro inventore, il suo buon amico immigrato Henri Nestlè.

Ai tempi Nestlé era un farmacista di origine tedesca, che decise di trovare una soluzione per il grave problema di denutrizione infantile.

Henri Nestlè, sì proprio quel Nestlè, stava producendo la kindermehl, quella polvere di latte che fu la prima ad essere prodotta per l’infanzia. Era in pratica latte vaccino disidratato, a cui aggiungeva farina di grano tenero e zucchero, che poi le massaie reidratavano e somministravano ai bambini quando erano impossibilitate ad allattare.

Ispirato da questo prodotto, Peter pensò di mescolare polvere di latte alla massa di cacao:

“Non ci misi molto a convincermi che, se volevo impormi con il mio prodotto sulle altre aziende già avviate, dovevo impegnarmi nel produrre una specialità.
E mi parve chiaro che se avessi potuto miscelare il latte al cioccolato, ottenendo un prodotto in uno stato tale da garantirne la conservabilità e renderne comodo il trasporto, quella sarebbe stata lamia specialità e mi sarei assicurato il primato su tutti i miei rivali”

Daniel Peter

In tutto il periodo, che oggi chiameremmo di “ricerca e sviluppo”, Peter ebbe un solo dipendente e fu di grande appoggio il totale e incondizionato sostegno (immagino anche finanziario) della moglie.
Lavorava di giorno nella produzione classica di cioccolata mentre la notte si dedicava alla sua invenzione.
Nessuna banca lo finanziò, in questo primo periodo, dovette scontrarsi più volte con insuccessi, interi lotti andati rancidi, clienti insoddisfatti; ed ancora con una difficoltà materiale di ottenere macchinari adatti, sia perché ancora non esistevano sia perché troppo costosi per le sue finanze.

Ma non desistette:
aveva una grande idea
e la portò avanti fino alla fine

Lui lo sapeva, era solo questione di tempo: alla fine riuscì a formulare un latte totalmente disidratato ( la parte liquida del latte si aggira tra l’87% e l’89% del peso totale) e chimicamente stabile, trovò un giusto equilibrio gustativo tra quantità di polvere di latte rispetto il cacao, e nel 1875 il prodotto era diventato stabile e duraturo; fu subito amato e apprezzato.

I guadagni cominciarono ad essere incoraggianti, le banche (meglio tardi che mai) compresero il potenziale e lo finanziarono nella costruzione di un impianto produttivo più grande, finalmente aveva accesso a un cacao di qualità nettamente superiore, potendo diminuire così la quantità di zucchero in miscela, e nel 1887 arrivò alla formula definitiva del suo cioccolato al latte, che chiamò “Gala” (dalla parola greca che significa latte).

Uno dei primi manifesti del cioccolato Gala

Nel 1901 il cioccolato al latte sbarcò nel Regno Unito (e poi verso l’inifito e oltre!), e tale fu il successo che Peter fondò una seconda fabbrica di cioccolato al latte, sempre in Svizzera, e cominciò perfino a trovare difficile reperire sufficiente latte per la sua produzione.

Il Gala sbarca in America

Il successo venne infine quando, nel 1904, Daniel Peter decise di unire il suo brand con quello di Amedee Kohler, di Losanna, chiamando la nuova società “Società Generale Svizzera del Cioccolato”. I due co-fondatori nominarono alcuni dei massimi esperti, all’epoca, in materia di processazione del cioccolato, del latte, dei processi di raffinazione, temperaggio e confezionamento.
Fu in questo stesso anno che si riformulò la ricetta, diminuendo la quantità di cacao e aumentando lo zucchero, per avere un prodotto più dolce, e questo prodotto venne prodotto e commercializzato da… indovinate? Esatto, proprio lui: Nestlé!

Nel 1911 la Peter-Kohler incorporò quella dei Cailler e, a loro volta, nel 1929 furono inglobati dalla Nestlé, allora nota come “Nestlé Corporazione anglo-svizzera”.
Ma Peter non c’era più: morì, infatti, nel 1919.

Cosa posso aggiungere?
In questi ultimi anni, con l’avanzare della sensibilizzazione sulla salute animale (e secondo alcuni anche la nostra salute umana) in molti rifiutano i prodotti di origine animale, quindi di conseguenza il cioccolato al latte.
Questo ben lungi da costituire un ostacolo ha piuttosto dato uno spunto per la formulazione di nuovi prodotti chiamati per convenzione “cioccolato al latte” anche se in realtà contengono altro, ad esempio latte di soia in polvere, latte di cocco in polvere, nocciole tritate molto finemente, e molto ancora.

Io mi auguro che l’inventiva dei cioccolatai non finisca mai e che le nuove generazioni, sempre più attente agli alimenti e ai loro processi di produzione, trovino sempre un inesauribile stimolo per continuare il lavoro di “ricerca e sviluppo” che Peter, e come lui molti altri, hanno iniziato.

Per saperne di più, sempre che abbiate voglia di leggere in vecchio francese, vi segnalo: Pionniers suisses de l’économie et de la technique, Aymon de Mestral. Editions Pierre Boillat, 1957.

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