The Frys

Dal 1700, in quel di Bristol, fu attiva una famiglia quacchera che, anche se molti di noi non lo sanno, ha lasciato una certa impronta sul nostro tempo.

Si dedicò a due attività (principalmente); la prima consisteva nella creazione dei caratteri mobili (le testine metalliche utilizzate nella stampa) e, nel 1774, uno dei numerosi esponenti della famiglia che ereditò l’attività stampò una Bibbia con un carattere di sua creazione, asserendo che mai ne fu stampata una più piccola.

Che dire… “Remarcable!”

È tuttavia la seconda attività di famiglia che interessa a noi.
Furono infatti dei Chocolate maker ben prima che questo termine andasse di moda.
E nel ‘700 si faceva tutto ancora a mano, senza particolari macchinari che aiutassero a dimezzare la fatica umana; tuttavia il fondatore di questa attività (Joseph Fry) e un suo socio in affari (John Vaughan) acquistarono la patente, cioè il permesso di operare nel settore, del fu Churchman a Bristol, subodorandone le potenzialità di guadagno.

Copyright: BBC Library Services 2002/2003

Joseph ebbe il colpo di genio di sostituire, in seguito, il meccanismo che permetteva di rompere le fave di cacao con dei cilindri idraulici (grazie signor Watt e al tuo motore a vapore!), velocizzando enormemente il processo (e smettendo così di faticare le proverbiali sette camicie).
Eravamo ancora nel ‘700, la ditta (che si chiamava Vaughan and Company) cambiò leggermente di nome passando alla moglie Anna e poi ai figli (Anna Fry & SonsFry) e fu nel secolo successivo che un altro Joseph apportò una modifica che avrebbe cambiato per sempre il nostro modo di intendere il cioccolato.
Tutti noi gli dobbiamo questo favore, almeno di ricordarci il suo ottocentesco barbone:

Joseph Fry, quel geniaccio di un inglese!

Fino a quell’epoca il cioccolato, infatti, veniva somministrato solo miscelato con latte o acqua, zucchero e altre spezie, come abbiamo già avuto modo di scoprire per esempio negli Acta Eruditorum di fine ‘600 e come leggiamo in alcuni commenti arrivati fino a noi di nobili aristocratici della corte di Versailles e dal nostro Giacomo Casanova.

Joseph allora pensò: perché non renderla solida, invece che liquida?
Perché non aggiungere un grasso, invece che un liquido?

Il burro di cacao veniva già estratto da qualche tempo con un processo meccanico (ne abbiamo parlato qui) grazie a Van Houten, ma è a Joseph Fry che viene attribuita la paternità della prima tavoletta solida ottenuta per scioglimento e successiva solidificazione del cioccolato, era il 1847.

Un’ultima chicca:
Forse sapete che oggi gli stampi per fare tavolette, cioccolatini, uova di pasqua etc sono in policarbonato, o al limite in silicone alimentare.
Fino a non molto tempo fa però si utilizzavano stampi metallici (e intendo che sono ancora vivi e vegeti alcuni cioccolatieri che operavano con questi stampi vintage, quindi non proprio tanto tempo fa).
Se avete mai provato a lavorare un poco il cioccolato sapete che dopo averlo versato nello stampo bosogna “vibrare” o “battere” brevemente lo stampo per rimuovere eventuali bollicine di aria rimaste intrappolate nel cioccolato.
Con gli stampi in policarbonato è un’azione un po’ rumorosa, ma tutto sommato accettabile; provate a immaginare però una fabbrica di cioccolato, dove lavorano contemporaneamente decine di persone tutte che battono nello stesso momento degli stampi oltretutto metallici. Un inferno.

Ecco perché, purtroppo, era piuttosto comune che i cioccolatieri fossero leggermente duri di orecchie, almeno fino a quando non si introdusse la legge per la salute sui luoghi di lavoro e non si resero obbligatori i dispositivi di protezione individuale (dpi), in questo caso… semplici tappi per le orecchie!

Stampi “vintage” in metallo

L’immagine di copertina è di proprietà di Kim Traynor – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=27605735; grazie!

1 commento su Un altro volto storico del cioccolato

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